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Balbo e il ponte aereo fra l’Europa e l’America

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Un grande sogno animava Italo Balbo, aviatore appassionato e convinto sostenitore della supremazia dell’aeroplano rispetto ai mezzi di terra e acqua. Voleva collegare Italia e America con voli frequenti. Una delle tappe fondamentali fu la Prima Crociera Transatlantica del 1930, una trasvolata attraverso l’Oceano Atlantico di uno stormo di 12 idrovolanti. «Mi balzò improvvisa, irresistibile, viva nella mente, la visione di una squadra aerea italiana che dopo aver valicato l’oceano, trionfalmente giungesse sul cielo di New York». Con queste parole, pronunciate nel dicembre del 1928 a bordo del piroscafo che da New York lo stava riconducendo in Italia, Balbo tracciava la rotta per le imprese dell’aria dei decenni a venire.

Anni dopo nel suo Stormi in volo sull’oceano avrebbe scritto che proprio in quel momento aveva iniziato a fantasticare su un «sottilissimo ponte fra l’Europa e l’America, uno di quei ponti sui quali nelle regioni inesplorate passa un solo uomo o al massimo un uomo dietro l’altro. Ma quando su questo ponte ideale fossero passate di colpo diecine e diecine di persone, in conformità al mio progetto, quale interesse enorme, del tutto nuovo, avrebbe assunto il collegamento aereo fra l’Europa e l’America!».

Balbo immaginava una spedizione collettiva che avvicinasse le due sponde dell’oceano e che, ben oltre l’iniziativa di un singolo, fosse la celebrazione di un gioco di squadra, organizzato, complesso, scenografico. Il suo progetto era strumentale alla propaganda fascista, che avrebbe potuto sfruttare quello sfoggio di eccellenza nazionale per rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo.

La trasvolata Roma – Rio De Janeiro

Prima di sfidare gli impietosi cieli nordatlantici, Balbo scelse prudentemente una missione intermedia, lungo una più accessibile rotta meridionale, con destinazione Rio de Janeiro. Si trattava comunque di una sfida non facile, dal punto di vista tecnico, organizzativo, politico e diplomatico. La prima crociera atlantica in formazione, che avrebbe collegato idealmente Italia e Brasile, si svolse dal 17 dicembre 1930 al 15 gennaio 1931 e, grazie alla meticolosa organizzazione e a un pizzico di fortuna, fu un successo strepitoso.

I preparativi, sovrintesi dallo stesso Balbo, erano stati capillari, nulla era stato lasciato al caso. L’idroscalo di Orbetello divenne la base di addestramento e formazione per una squadra selezionata fra 300 piloti e tecnici: la prestigiosa Scuola di navigazione aerea d’alto mare formò 14 equipaggi, ciascuno composto da due piloti, un motorista e un radiotelegrafista. Per mesi seguirono una vita quasi monastica, scandita da studio teorico e addestramento pratico sugli apparecchi allestiti per l’impresa.

Come aereo era stato scelto l’idrovolante monoplano bimotore progettato da Alessandro Marchetti, adattato con un riduttore, un’elica posteriore a quattro pale, il serbatoio dell’olio collocato fra i motori, la cabina di pilotaggio chiusa. Il Savoia-Marchetti S.55 TA aveva un’apertura alare di 24 metri, era lungo 16 e a pieno carico pesava dieci tonnellate. La propulsione arrivava dal motore Fiat A. 22 R, 12 cilindri raffreddati ad acqua, 600 cavalli di potenza, per una velocità massima di 215 chilometri all’ora, e la strumentazione di bordo era all’avanguardia. Unica debolezza del velivolo le eliche in legno, soggette quindi a rapida erosione.

Savoia-Marchetti S.55 TA

Savoia-Marchetti S.55 TA in volo da Roma a Rio de Janeiro

La mattina del 17 dicembre 1930 gli aerei, capitanati dalla squadriglia nera di Balbo, si alzarono in volo dalla laguna di Orbetello fino a Rio de Janeiro dopo poco più di un mese e oltre diecimila chilometri. Prima di giungere a destinazione, toccarono Los Alcazares (Cartagena) in Spagna, poi Kénitra in Marocco, Villa Cisneros sul Rio de oro, nel Sahara occidentale, e ancora Bolama in Guinea francese e da qui il grande salto a Port Natal in Brasile e a Bahia. Alle 17 del 15 gennaio 1931, undici idrovolanti (tre avevano subito incidenti durante il percorso, causando cinque vittime) si presentarono in formazione sopra l’insenatura di Rio de Janeiro, accolti da una folla in visibilio. Nei giorni successivi giornali e radio rilanciarono in tutto il mondo la notizia dell’impresa, decretandone il successo planetario.

Il francobollo della Prima Crociera Transatlantica

L’avventura si prestava ad una sottolineatura filatelica. Il decreto 1.495 del 23 ottobre 1930 annunciava infatti l’emissione per il 30 ottobre 1930 di uno speciale francobollo da 7,70 lire (acquista online). La vignetta rappresentava una squadriglia di idroplani illuminati dalla luna, in formazione sotto la costellazione della Croce del Sud, allusione all’emisfero australe; ai lati il simbolo della monarchia e le insegne del regime fascista. Gli aerogrammi imbarcati sugli idrovolanti certificano quel volo da primato: il dispaccio postale, ripartito fra i vari apparecchi, era composto dalle buste celebrative che il ministero dell’aeronautica aveva predisposto, tutte affrancate con un esemplare da 1,25 lire della serie Imperiale allora in uso e dallo speciale celebrativo, tutte annullate con i bolli speciali di partenza e arrivo.

Francobollo Prima Crociera Transatlantica (1930)

Francobollo di posta aerea Prima Crociera Transatlantica (Regno d’Italia, 1930)

Balbo aveva voluto personalmente il francobollo da 7,70 lire che celebra va la crociera atlantica . Fu la prima emissione celebrati va che non rispettò la data di utilizzo indicata dal decreto: i francobolli, infatti , non vennero distribuiti prima del volo. I 200 mila esemplari furono incamerati dal ministero che ne conservò una parte e utilizzò l’altra per affrancare gli aerogrammi ufficiali del volo. Il francobollo fu messo fuori corso il 17 gennai o 1931. Senza preavviso i l 27 giugno successivo 1.500 esemplari nuovi furono rimessi sul mercato dall’uffici o filatelico del ministero, al valore facciale e in forma contingentata. Una fortuna per chi fece l’acquisto: 180 mila francobolli rimanenti furono distrutti e dal primo agosto lo stesso ufficio vendette le rimanenze a 90 lire e poi a 120 dall’anno successivo.

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