Una piccola àncora incisa sul rovescio della moneta 80 lire d’oro di Carlo Felice racconta la completa integrazione della Liguria al Regno di Sardegna. Nella prima parte del XIX secolo, i territori continentali in possesso dei Savoia si dotavano di uno sbocco sul mare, con l’annessione di Genova e di uno dei porti più importanti del Nord Italia. Qui vennero realizzate diverse opere pubbliche e fu istituita una seconda zecca del Regno.
Dopo il crollo dell’impero di Napoleone Bonaparte, nel 1814 venne fondata, sulla costa ligure liberata dai britannici, la Repubblica Genovese e fu nominato come governatore provvisorio il marchese Girolamo Serra. In occasione del Congresso di Vienna, il re di Sardegna, Vittorio Emanuele I, reclamò quei territori in virtù del contributo fornito da sardi e piemontesi alla resistenza anti-napoleonica e di precedenti promesse da parte delle potenze alleate d’Inghilterra e Russia. Nel 1815 le sue richieste vennero accolte e Genova passò ai Savoia.
Moneta 80 lire d’oro di Carlo Felice, emessa dalla zecca di Genova (Regno di Sardegna, 1830) – Peso 25,8 gr; diametro 33 mm
A partire dalle prime monete coniate da Vittorio Emanuele I dopo la restaurazione e fino all’Unità d’Italia, nella legenda delle monete coniate dal Regno di Sardegna viene indicato anche il titolo di Duca di Genova insieme agli altri che includono i possedimenti effettivi e rivendicati dai Savoia. Sul rovescio, la moneta 80 lire d’oro di Carlo Felice riprende alcuni elementi della monetazione di Vittorio Emanuele I che indicavano l’annessione dei territori liguri. Nella sezione in basso a sinistra dello stemma inquartato di Casa Savoia coronato e fregiato dal collare dell’Annunziata, troviamo infatti la croce rossa su sfondo bianco che indica proprio Genova.
La zecca di Genova aveva sede in piazza Caricamento, adiacente al coloratissimo Palazzo San Giorgio. Qui, dal 1830, vennero prodotti marenghi e altre monete emesse dal Regno di Sardegna, riconoscibili perché sul rovescio, di fianco al valore nominale, compare un’ancora al posto della testa d’aquila che indicava la zecca di Torino.
Il genovese Luca Podestà, ufficiale del Genio e personaggio di spicco della vita politica della città ligure, fu incaricato da Carlo Felice come nuovo direttore della fabbricazione e responsabile delle due zecche. Oltre al simbolo dell’àncora, sulle monete emesse a Genova nel 1930 possiamo vedere anche un ovale con la lettera P in losanga, invece della L che si riferiva ad Amedeo Lavy, suo predecessore e storico incisore del marengo d’oro della Repubblica Subalpina.
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