Quando si parla del primo francobollo della storia, la mente corre subito al celebre Penny Black inglese, emesso nel 1840. Ma pochi sanno che ventun anni prima, nel Regno di Sardegna, prese forma una rivoluzione postale silenziosa ma straordinaria. Venne introdotto il Cavallino di Sardegna, la prima carta valore postale del mondo.
A fine Settecento, il sistema postale del Regno di Sardegna era regolato da precise norme stabilite nel 1772. La consegna della posta era monopolio dello Stato, e ogni trasgressione comportava multe salatissime. Il recapito era garantito due volte a settimana, ma per le situazioni urgenti era ammesso l’uso di corrieri privati (pedoni o cavalieri) incaricati personalmente. In pratica, un servizio parallelo e non ufficiale che rispondeva a una necessità reale ma sfuggiva al controllo statale.
Durante il periodo napoleonico, il sistema fu riformato sul modello francese, introducendo la bollatura delle lettere con indicazione della località di partenza. Dopo il ritorno dei Savoia a Torino nel 1814, il sistema francese fu abbandonato, ma non del tutto. La bollatura fu mantenuta, mentre il vecchio sistema tornava in vigore. In questo scenario, per contrastare gli abusi e il contrabbando, nacque l’idea di una carta postale già bollata, prepagata, pronta all’uso: il Cavallino.
La nascita del Cavallino fu il frutto di un’osservazione intelligente da parte di Pietro Lombard, segretario generale delle poste, con il supporto del conte Giovanni Piccono della Valle e del ministro Filippo Asinari di San Marzano. Si trattava di una soluzione ingegnosa: un foglio di carta bollata già timbrata e prepagata, che permetteva al mittente di saltare la trafila dell’ufficio postale e affidare direttamente la lettera a un corriere occasionale.
Lanciata il 1° gennaio 1819, data che la rende la vera antesignana del francobollo, la carta bollata prese rapidamente il nome popolare di Cavallino, per via della figura impressa: un genietto alato che suona il corno di posta, galoppando su un cavallo.
25 centesimi Cavallino di Sardegna, emissione definitiva (Regno di Sardegna, 1921)
Il Cavallino veniva emesso in tre valori:
Le versioni provvisorie (1819) non erano filigranate, mentre quelle definitive (1820) lo erano e presentavano una stampa a secco con l’aquila sabauda e la dicitura Direzione generale delle regie poste. Ogni foglio era un capolavoro artigianale, prodotto da cartiere locali (Massola, Avondo, Molino) che riutilizzavano anche carta del periodo napoleonico.
Il Cavallino era venduto in 180 uffici postali, serviva un territorio di oltre 51.000 km² e una popolazione di 4,2 milioni di abitanti (esclusa la Sardegna, dove il servizio postale per i privati era gratuito per antichi privilegi). La lettera doveva essere scritta sullo stesso foglio, piegata in modo che la timbratura fosse visibile all’esterno, e recante a mano l’indirizzo completo e la località di partenza.
Il Cavallino fu in uso per 17 anni, fino al 1836, quando un regio editto ne decretò la fine per l’avvento di nuovi sistemi postali. I fogli avanzati furono riutilizzati come moduli amministrativi, e per anni il Cavallino fu dimenticato. Fu lo studioso Silvio Sella, nel 1914, a riportarlo alla luce con una monografia che lo consacrò nella storia della filatelia.
Ma la figura del genietto a cavallo non sparì. Riapparse nel 1954 sul francobollo da 1000 lire per i pacchi postali. Poi tornò nel 1961 per la Giornata del francobollo e venne ancora celebrato nel 1988, nel 2006, e infine nel 2019 per il bicentenario.
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