Nerone è passato alla storia per i suoi eccessi, le nefandezze e con il forte sospetto di essere stato il mandante dell’incendio che nel 64 d.C. distrusse il centro di Roma. Su di lui l’aristocrazia romana aveva riposto le speranze per riacquistare le antiche prerogative, ma l’imperatore aveva spento ogni velleità, circondandosi di gente di basso rango e privando il senato di ogni importanza politica.
Nerone aveva molti nemici e, nel 65 d.C, 41 persone, tra i quali senatori, cavalieri, militari e letterati, si riunirono e progettarono di uccidere l’imperatore. Ognuno aveva un suo motivo per ucciderlo, in alcuni casi erano in contrasto tra loro, ad unirli era l’odio verso il sovrano. Tra i congiurati spiccavano i nomi del console Pisone, il principale organizzatore che aspirava al trono, del filosofo Seneca e degli scrittori Petronio e Lucano. Il piano però non andò a buon fine, loro vennero scoperti ed eliminati.
Oggi abbiamo poche testimonianze dirette e chiaramente attribuibili della congiura. la più autorevole è quella di Tacito, che l’ha raccontata qualche decennio dopo negli Annales, pur avendola vissuta solo quando era bambino. Poi c’è una moneta d’oro, fatta coniare proprio da Nerone, con la raffigurazione di Giove, dio che avrebbe protetto l’imperatore, facendo fallire la congiura.
Nerone doveva morire al Circo Massimo, durante i giochi a lui dedicati. Questo era il piano ordito dai congiurati nella villa di Pisone a Baia, nei Campi Flegrei. Il console Laterano avrebbe dovuto gettarsi ai piedi di Nerone, supplicandolo per avere un aiuto economico, e lì lo avrebbe accoltellato a morte. Dopo l’attentato, Pisone avrebbe dovuto attendere davanti al Tempio di Cerere il prefetto Fenio Rufo che l’avrebbe scortato nella caserma dei pretoriani per investirlo della carica di nuovo princeps.
Tuttavia, qualcosa andò storto e una delazione fece saltare il piano. I congiurati furono scoperti e condannati a morte. Alcuni di loro furono uccisi, altri furono costretti a suicidarsi.
Il primo ad insinuare sospetti su una possibile congiura fu l’ufficiale della marina Volusio Proculo. Infatti, il militare, scontento di Nerone, era stato avvicinato dalla liberta Epicari che cercava di reclutarlo. Proculo non cedette e la denunciò. Epicari fu torturata, ma non rivelò mai i nomi dei congiurati e si impiccò in prigione per non tradirli.
L’indizio decisivo fu quello di uno schiavo di nome Milico, al servizio del senatore Scevino che partecipava alla congiura. Insospettito dalla richiesta del suo padrone, che gli aveva ordinato di portare una lama al fabbro per farla affilare e di procurargli delle bende per ferite, Milico lo denunciò. Scevino venne interrogato congiuntamente ad un altro sospetto, di nome Natale. I due cedettero ed iniziarono a fare i nomi degli altri congiurati, i quali, essendo accomunati solo dall’odio di Nerone e non da una forte motivazione condivisa, si accusarono a vicenda. La congiura venne così fermata in anticipo e l’imperatore si salvò.
Oggi, sono rimaste poche testimonianze di una delle congiure più famose della storia romana, primo segno eclatante del declino di Nerone dopo l’incendio di Roma. Una moneta d’oro, fatta coniare dall’imperatore (scopri di più), potrebbe essere il suo ringraziamento a Giove, il re degli dei romani, per averlo protetto e aver fatto fallire i piani per il suo assassinio.
Sebbene non vi sia certezza che la moneta sia successiva alla scoperta della congiura, avvenuta il 19 aprile del 65 d.C, la sua emissione risale inequivocabilmente al biennio 64-65 d.C. e, plausibilmente, potrebbe collocarla nei mesi immediatamente successivi al fatto narrato. Il peso di questo esemplare attesta infatti che esso fu coniato non prima del 64 d.C., anno in cui Nerone introdusse la sua riforma monetaria, con la quale il peso dell’Aureo fu ridotto da circa 7,60 a circa 7,30 grammi.
L’intero campo del diritto è occupato dalla testa di Nerone in età matura (si vede dai tratti che differiscono dalle monete precedenti), ornata da una corona di alloro e rivolta a destra. Sul rovescio compare invece la raffigurazione di Giove, seduto a sinistra in atteggiamento regale, mentre tiene un fulmine con la mano destra e un lungo scettro verticale con la sinistra. la figura del re degli dei è presentata con barba e capigliatura folte, tipiche dell’età matura, a torso nudo ma con un ricco manto che gli avvolge le gambe.
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